La Missione dei Rogazionisti
La vocazione
La vocazione, alla base della missione dei Rogazionisti, nasce dall’esperienza umana, spirituale ed apostolica del Fondatore Sant’Annibale Maria Di Francia. Padre Annibale, sotto la guida dello Spirito Santo, ha vissuto tra i piccoli diseredati e i miseri abitanti del quartiere Avignone di Messina, ricovero malfamato di poveracci e gli scarti della Società messinese. Riconosciuto nella Chiesa come Apostolo della preghiera per le Vocazioni e Padre degli orfani e dei poveri, fu canonizzato da Giovanni Paolo II il 16 maggio 2004.
Il carisma della Congregazione è l’intelligenza e lo zelo della parola di Gesù: “La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate (Rogate) dunque il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”.
La Missione dei Rogazionisti
Dal Carisma scaturisce la Missione dei Rogazionisti caratterizzata da un triplice aspetto:
- pregare quotidianamente per ottenere “buoni operai del Regno di Dio”;
- propagare dovunque questo spirito di preghiera e promuovere le vocazioni;
- essere buoni operai nella Chiesa, impegnati nelle opere di carità, nell’educazione e santificazione dei fanciulli e dei giovani, specialmente poveri e abbandonati, nell’evangelizzazione e promozione umana e nel soccorso dei poveri
Il ROGATE nel cuore della Chiesa
Il Papa emerito Benedetto XVI, così commenta il passo rogazionista (Lc 10,2).
“La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!” (Lc 10,2). Questa parola dal Vangelo della Messa di oggi ci tocca particolarmente da vicino in quest’ora. È l’ora della missione: il Signore manda voi, cari amici, nella sua messe.
Dovete cooperare in quell’incarico di cui parla il profeta Isaia nella prima lettura: “Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati” (Is 61,1).
È questo il lavoro per la messe nel campo di Dio, nel campo della storia umana: portare agli uomini la luce della verità, liberarli dalla povertà di verità, che è la vera tristezza e la vera povertà dell’uomo. Portare loro il lieto annuncio che non è soltanto parola, ma evento: Dio, Lui stesso, è venuto, da noi. Egli ci prende per mano, ci trae verso l’alto, verso se stesso, e così il cuore spezzato viene risanato.
Ringraziamo il Signore perché manda operai nella messe della storia del mondo. Ringraziamo perché manda voi, perché avete detto di sì e perché in quest’ora pronuncerete nuovamente il vostro “sì” all’essere operai del Signore per gli uomini.
“La messe è abbondante” – anche oggi, proprio oggi. Anche se può sembrare che grandi parti del mondo moderno, degli uomini di oggi, volgano le spalle a Dio e ritengano la fede una cosa del passato – esiste tuttavia l’anelito che finalmente vengano stabiliti la giustizia, l’amore, la pace, che povertà e sofferenza vengano superate, che gli uomini trovino la gioia.
Tutto questo anelito è presente nel mondo di oggi, l’anelito verso ciò che è grande, verso ciò che è buono. È la nostalgia del Redentore, di Dio stesso, anche lì dove Egli viene negato. Proprio in quest’ora il lavoro nel campo di Dio è particolarmente urgente e proprio in quest’ora sentiamo in modo particolarmente doloroso la verità della parola di Gesù: “Sono pochi gli operai”.
Al tempo stesso il Signore ci lascia capire che non possiamo essere semplicemente noi da soli a mandare operai nella sua messe; che non è una questione di management, della nostra propria capacità organizzativa. Gli operai per il campo della sua messe li può mandare solo Dio stesso. Ma Egli li vuole mandare attraverso la porta della nostra preghiera.
Noi possiamo cooperare per la venuta degli operai, ma possiamo farlo solo cooperando con Dio. Così quest’ora del ringraziamento per il realizzarsi di un invio in missione è, in modo particolare, anche l’ora della preghiera: Signore, manda operai nella tua messe! Apri i cuori alla tua chiamata! Non permettere che la nostra supplica sia vana!
(omelia per l’ordinazione di 5 vescovi del 5 Febbraio 2011)