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La Vita di Sant’Antonio


Rampollo di una nobile famiglia

Primogenito di Martinho Afonso, cavaliere del re e discendente di Goffredo di Buglione, Antonio di Padova nasce a Lisbona il 15 agosto 1195 con il nome di Fernando Martins de Bulhões. Secondo alcune fonti, il padre lo indirizza in gioventù al mestiere delle armi, ma la sua formazione è fortemente segnata dall’educazione spirituale che riceve fin dall’infanzia nella cattedrale di Lisbona.

La vocazione

All’età di quindici anni Fernando entra a far parte dei Canonici regolari della Santa Croce dell’Abbazia di San Vincenzo di Lisbona. Poiché le frequenti visite di amici e parenti disturbano il suo raccoglimento, Fernando ottiene il trasferimento al convento di Santa Croce a Coimba. Qui rimane otto anni. Durante questo periodo Fernando si dedica allo studio delle Sacre Scrittura e della teologia, gettando le solide basi della sua vasta e celebre cultura.

La svolta francescana

Nel 1219 vengono trasportati a Coimbra i corpi di cinque fratelli francescani, decapitati durante la spedizione missionaria in Marocco. Fernando ne è molto colpito: l’anno successivo entra quindi nell’ordine del Santo di Assisi e cambia il suo nome in Antonio. Nonostante le opposizioni dei confratelli, parte per il Marocco, dove si ammala. Costretto a ripartire, durante la traversata di ritorno fa tuttavia naufragio in Sicilia. Qui i suoi piani cambiano quando viene a sapere che San Francesco è intenzionato a riunire i suoi. Per incontrarlo direttamente, risale quindi l’Italia a piedi, insieme con i frati di Messina. Giunto alla Porziuncola, Antonio prende parte con altri tremila frati al Capitolo Generale indetto da Francesco per discutere la missione in Germania, lo stato dell’Ordine e la Nuova Regola.

Una straordinaria umiltà

Durante il Capitolo, Antonio rimane in disparte, nascondendo la grande cultura, l’umiltà e la profonda spiritualità che lo contraddistinguono. Le sue doti vengono tuttavia notate da frate Graziano, che lo porta con sé all’eremo di Montepaolo, dove per un anno Antonio si dedica a umili lavori, alla preghiera e alla penitenza. Nel 1222 la piccola comunità francescana scende a valle: il Vescovo chiede che qualcuno dei confratelli faccia un discorso di esortazione e di augurio ai nuovi sacerdoti, ma tutti si schermiscono. Il superiore impone allora ad Antonio di mettere da parte ogni timidezza o modestia. «La sua lingua, mossa dallo Spirito Santo, prese a ragionare di molti argomenti con ponderatezza, in maniera chiara e concisa», si legge nell’Assidua, la biografia di Antonio.


Grande predicatore

I superiori di Assisi, venuti a conoscenza dell’operato di Antonio, lo richiamano alla predicazione. Antonio comincia a viaggiare e a predicare senza sosta: esorta tutti alla pace e alla mitezza, si scaglia contro potenti e notabili e diviene il “martello degli eretici”. La sua intensa predicazione si estende in Italia e in Francia: «L’errante abbandonava la strada sbagliata – scrive il francese Giovanni Rigauldt -, il peccatore si sentiva pentito e mutato, il buono era stimolato a migliorare, nessuno, insomma, si allontanava malcontento».

Dottore della Chiesa

San Francesco muore nel 1226. Antonio, nominato ministro provinciale per l’Italia settentrionale, stabilisce la sua residenza al convento di Padova. È qui che scrive “I Sermoni”, l’opera teologica che lo proclama Dottore della Chiesa. La gente di Padova lo venera, segue le instancabili predicazioni, affolla il suo confessionale e ne ammira la santità della vita quotidiana, segnata da lunghi e frequenti digiuni. Rigoroso e tuttavia capace di grande dolcezza d’animo, Antonio non perde la sua umiltà: «si mostrava cortese in modo mirabile e governava i suoi frati con clemenza e benignità» scrive il biografo francese Giovanni Rigauld.

Il testamento spirituale

Nel 1230, dopo aver accusato una serie di disturbi, Antonio chiede e ottiene d’essere sollevato dall’incarico di ministro provinciale. Si ritira a Padova, termina la stesura dei Sermoni, privilegia il confessionale e la predicazione. Semplice e diretto, Antonio colpisce i cuori, è ascoltato da tutti. La legge sui debiti viene infatti modificata dopo il sermone contro gli usurai del 1231, considerato il suo testamento spirituale.

La morte

Stremato dai digiuni della Quaresima e dalla predicazione, Antonio deve farsi portare a braccia sul pulpito. È malato, fatica anche a camminare. Si ritira nel convento di Santa Maria Mater Domini, ma i disordini causati dal Podestà di Verona Ezzelino III da Romano interrompono la sua convalescenza. Il 13 giugno Antonio si sente mancare: capisce che gli resta poco da vivere e chiede di essere riportato a Padova. Al convento di Arcella i confratelli lo adagiano e gli danno l’unzione degli infermi: Antonio muore, a 36 anni. Le sue ultime parole sono: «Vedo il mio Signore».